quando sono venuto a vivere a roma, ormai parecchio tempo fa, una delle cose che mi sono mancate di più è la mozzarella. niente da fare, a roma a tutt’oggi è difficile e raro trovare qualcosa che corrisponda a tal nome. si fa confusione tra mollicce e acquose palle latticinose e un cibo che è sapore, sapienza, cultura.
insomma di mozzarella ne mangio poca, ma quando sono a napoli o caserta è, con babà e pizza, il mio piatto preferito.
che fare allora, adesso? smettere di mangiarla? no, continuerò, affezionato a quel detto che da bambino sentivo ripetere ogni tanto, “quello che non ammazza ingrassa”.
ingrasserò di mozzarelle, fino a morirne. potrebbe essere il titolo di una di quelle avventure tipo super size me. e magari ne uscirebbe una cavia in forze e in salute.
dal dibattito in corso, dagli echi che dall’estremo oriente arrivano sulle chiusure alle importazioni (mi chiedo, poi, di cosa parlano?, se già a roma la mozzarella non si trova, se a milano non si sa nemmeno cosa sia (quella vera), se in giappone la pasta al sugo la fanno con ketchup…), dalle polemiche che occupano per qualche giorno le prime pagine dei giornali, non si capisce quale sia il punto, quanto reale il pericolo, quanto diffuso il rischio.
insomma questo della mozzarella mi pare l’ennesimo caso all’italiana, in cui il si dice, la paura evocata, il presunto comportamento poco civico di una regione annacquano, rendendolo come una qualsiasi palla bianca insapore, un dibattito che tocca lavoro, sicurezza, cultura, tradizioni, gusti, abitudini.
un sistema informativo che fa confusione, istituzioni che non sanno essere stabili e forti, responsabilità mai attribuite seriamente, pareri raccolti alla rinfusa, con scienziati che valgono come impiegati dell’ultimo caseificio e come un ministro agli ultimi giorni di mandato e come un qualsiasi turista che non ne sa niente, ma, a stomaco pieno, preferibilmente, si spaventa.
insomma, salviamo la mozzarella dal dibattito pubblico!